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Intervista a Sebastian Vettel

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Sebastian Vettel, lei è davvero così “più”? Più? Il più giovane campione del mondo lo scorso anno a 22 anni. Adesso è il più giovane ad avere fatto il bis. E poi: è stato il più giovane in pole position, il più serio, il più simpatico, il più fedele, il più corretto, il più… il più… Forse anche il più fortunato. Però dicono che lei è anche il più figlio di Schumacher? Michael è il mio maestro. Siamo entrambi tedeschi e ho ancora molto da imparare da lui. Sarà anche il suo idolo però in pista non lo rispetta molto. A modo suo ci sta dando una lezione: mai avere paura del tempo che passa. Intanto lei gli passa sempre davanti. Lui rimane comunque un mito. Cosa gli invidia? La capacità di vincere la paura. Lei l’ha vinta? Tutto sommato, credo di non averne. Addirittura? La F1 per me rappresenta la vita e la passione. Non posso permettere alla paura di rovinarmele. Sarebbe come non vivere. Ma quando arriva lo stesso? L’atteggiamento è questo: so che c’è il rischio, faccio di tutto per ridurlo. Ma poi in pista? Non lo considero. In che modo? Nulla che possa dire in pubblico. Il problema è un altro. Quale? Non appena vedo qualcosa che abbia un motore impazzisco. Bisogna avere anche una marcia in più per guidarlo? Il fatto è che noi piloti amiamo correre. Sempre. Adrenalina-dipendenti? Tutti facciamo qualcosa, al di fuori della pista, per soddisfare questa dipendenza. Per esempio? Chi va in moto, chi fa i rally. E lei? A me piacciono i rally. Specie quelli sulla neve. Pericolosi? Ovviamente. Ma anche molto divertenti. Insomma, non riesce proprio a stare fermo? No. E sa qual è la mia grande sofferenza? Arrivare secondo? No. Fare la fila in strada. Impazzisco. Non riesco a stare fermo. E quindi? Cerco altre vie, scorciatoie, tutto pur di non stare in coda. Mi sembra di morire. Pensa mai alla morte quando è in pista? Non penso di essere immortale. Mi gioco la vita sui circuiti, quindi cerco di ridurre i rischi. I più pericolosi? Le macchine sono sempre più vicine, si vuole lo spettacolo, il contatto, il sorpasso. Si cambiano le regole per cercare tutto questo Fino a che punto? Bisognerà avere il coraggio di dire basta. È difficile guidare un bolide? Con tutti quei comandi al volante, a volte è come guidare parlando al telefonino. Però non mi ha risposto sulla morte. È la mia compagna di viaggio. Il mio secondo pilota. Non ci penso. E quando succede, penso che Dio mi aiuterà. Crede in Dio? Non vado in chiesa, ma ci credo. È qualcosa che mi porto dietro, in macchina con me. In che senso? È difficile parlare della relazione tra quello che faccio nella vita e Dio. Però sento che hanno qualcosa in comune. Un aiuto? È come se credere in Dio mi portasse fortuna. Mi aiutasse a fare quello che devo. Bizzarra come definizione. È tutto bizzarro nella F1. Dice qualche preghiera [...]

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